“Io sono di Gesù”

Facebooktwitterpinterestmail

In dialogo con il monaco di città

“Io sono di Gesù”

Eccomi cari amici … a passi lenti – tipici della “gravitas monastica” – ma gioiosi, dopo la Professione solenne. È una bellissima giornata primaverile e usciamo con don Yacopo e don Simone dalla Pieve di san Valentino di Castellarano, dopo aver cantato le Lodi solenni dei martiri davanti all’urna che raccoglie le reliquie del martire seminarista Rolando Rivi. Siamo stati due ore noi soli con lui mentre un sole tiepido entra dalle piccole finestre della chiesa e l’omelia del card. Amato, pronunciata nel giorno della beatificazione, ci commuove. Sul piccolo piazzale con davanti un panorama

mozzafiato di colline in fiore e picchi di montagne con la neve ripeto – a bruciapelo – ai miei due amici diaconi, scandendole lentamente mentre fisso una grande foto sorridente di Rolando con la veste nera e il cappello-saturno in testa, le sue grandi parole: “Io sono di Gesù”. Le avevamo ripetute poco prima inginocchiati con le mani appoggiate sulla cassa di legno quasi a volerlo abbracciare. “Io sono di Gesù”. Noi siamo di Gesù. Ma lo siamo davvero?

Tu, don Yacopo, che tra due mesi sarai ordinato sacerdote, ripercorrendo il tuo cammino di seminarista, senti di esserlo?

Don Yacopo: “Io sono di Gesù” questo diceva il piccolo Rolando, con una semplicità, con una naturalezza sconcertante. “Io sono di Gesù”. Quattro parole! Quattro parole che spingevano il piccolo Rolando ad entrare in Seminario a undici anni per diventare prete; ad alzarsi tutte le mattine alle 5.30 per andare a messa alle 6, cantando e suonando l’organo assieme all’amato parroco don Olinto. Nel 1945 quando la seconda guerra mondiale volgeva al termine ma una guerra fratricida incombeva in quelle zone, mandati i seminaristi a casa per proteggere la loro incolumità, lui forte di quelle parole nonostante il pericolo, aveva deciso di continuare a vestire l’abito talare … e quel suo proposito gli era costato la condanna a morte: “Un prete in meno domani”. Io oggi, e so che domani sarò prete, ho questa stessa convinzione? Si vorrebbe dire di sì, ma tante nostre debolezze ci fanno deviare, ci fanno aggrappare ad altri appigli più deboli. Ma se mi volto indietro, mi accorgo che in questi sette anni di cammino ho sempre avuto un compagno di viaggio prezioso, vorrei quasi dire di essere come quei discepoli sulla strada di Emmaus, che non lo hanno riconosciuto, ma il Volto è indimenticabile! Quell’incontro scoccato sette anni fa lo ricordo oggi come in quel primo momento. E allora voglio essere un prete per gli altri, un prete che sia segno per gli altri di un Amore grande, di un Dio che si è fatto uomo, che ha dato la sua vita.

Pensando la trepidazione di questo tempo che mi separa dall’Ordinazione penso alla sofferenza che ha provato Rolando, ma pure alla consapevolezza che ha avuto di non morire per niente, ma di morire per il Signore, nella pace di Gesù. Il desiderio che ho nel cuore è quello di crescere come cristiano nel sacerdozio; per me il prete non è un cristiano perfetto, ma è come un pastore che sa dove portare le sue pecore e si mette dietro e le spinge nel pascolo più bello, più fresco, più verde… il pascolo del Signore dove la vita si realizza e trova la sua naturalezza.

Il mio diventare prete vuol essere un dire assieme alla comunità del Seminario e con le comunità che mi hanno accompagnato in questi anni “Io sono di Gesù” con la più profonda convinzione che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” avendo come modello di riferimento il Maestro.

E tu don Simone la senti forte la tua amicizia con il Signore? E su quali pilastri la stai costruendo?

Don Simone: Ho caro questo passo del Vangelo di Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…”. Con queste parole l’evangelista sintetizza il motivo della venuta di Gesù in mezzo a noi: Dio Padre ha mandato per amore il suo Figlio perché il mondo, per mezzo di lui, si salvi. Solo grazie a questa consolante speranza è nata la mia vocazione. Se non sentissi forte l’amicizia con il Signore, come potrei essere un buon sacerdote? Chi trasmetterei agli altri? È grazie appunto a Lui, al mio sentirmi profondamente amato, che a mia volta riesco ad amare di un amore gratuito. A chi mi domanda: può essere “scandaloso” l’amore? Rispondo: Sì!     È scandaloso un Dio che ama tutti allo stesso modo ed è scandaloso che questo modo sia all’infinito! È scandaloso che l’amore di Dio sia così grande da colmare ogni cosa che io posso fare o non fare, per fragilità o scelta, per allontanarmi da Lui e dai fratelli. Proviamo a metterci sotto questo enorme faro dell’amore di Dio, della sua amicizia … e capiremo quanto questo amore è immenso, smisurato, tanto da sembrare esagerato.

Questa amicizia che per me è più una paternità, nel corso della mia vita l’ho sempre sperimentata!

Fin da bambino sono cresciuto nella fede, grazie alla testimonianza dei miei genitori e di amici sacerdoti e laici. Da essi ho imparato il costante riferimento al Vangelo, fatto di ascolto e poi tradotto con fatica in vissuto. È proprio questo il primo pilastro su cui fondare la nostra identità: l’essere cristiani attivi all’interno della società … plasmati dal Vangelo di Gesù.

Da esso poi deriva la carità: altro pilastro su cui cerco di costruire la mia amicizia con Lui. Sentire forte l’amicizia con Dio, che arriva a donare il proprio Figlio, l’Unigenito, può non portarmi se non a fare della mia vita un dono gratuito al Padre e ai fratelli?

Per ultimo non può mancare l’abbandono nella preghiera. Dal rapporto a tu per tu con il Signore, nel mio farmi uno con il Padre, attraverso la preghiera, trovo sempre la forza per proseguire il mio cammino!

Guardando il volto bello di Rolando mi scendono le lacrime … e saliti in auto ci avviamo pregando verso Piane di Monchio sul luogo del martirio per rivivere la via crucis di Gesù e di Rolando suo amico … di Gesù-Rolando.

A presto e buona Quaresima! (padre Cesare di Gesù “nostra pace”)

 

da NUOVA SCINTILLA 10 del 9 marzo 2014