Vita, famiglia, libertà di educazione, “genere”

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Vescovi del Triveneto. Nota pastorale su importanti questioni educative

Vita, famiglia, libertà di educazione, “genere”

Si intitola, mutuando una frase di Papa Francesco, “Il compito educativo è una missione chiave!” la Nota pastorale dei vescovi del Triveneto – di cui riportiamo il testo integrale a pagina 14 – dedicata ad “alcune urgenti questioni di carattere antropologico e educativo” e che esce nell’imminenza della Giornata nazionale per la Vita (2 febbraio).

Il testo è stato approvato all’unanimità nei giorni scorsi dalla Conferenza Episcopale Triveneto e intende offrire a tutti una riflessione autorevole, in comunione col magistero di Papa Francesco, e un contributo positivo al bene comune affrontando “questioni educative che riguardano aspetti fondamentali e delicatissimi dell’essere umano, con numerose e preoccupanti ricadute in ambito culturale, formativo, educativo e, quindi, politico della nostra società (triveneta, italiana, europea) e che toccano e coinvolgono in modo diretto la vita delle persone, delle famiglie e della scuola”.

 

 

All’inizio la Nota, dopo aver evidenziato i molteplici aspetti legati alla difesa e alla promozione della vita nell’attuale contesto, fa riferimento – a titolo d’esempio – a questioni emergenti dalla recente attualità (l’ideologia del gender e la traduzione legislativa della lotta all’omofobia, taluni orientamenti sull’educazione sessuale ai bambini nelle scuole, l’uso dei termini “padre” e “madre” in ambito pubblico, il significato e il valore del concetto di “famiglia” con i rischi di stravolgimento a cui è oggi soggetto) per spiegare come i vescovi avvertano “la responsabilità e il dovere di richiamare tutti all’importanza di una corretta formazione delle nuove generazioni – a partire da una visione dell’uomo integrale e solidale – affinché possano orientarsi nella vita, discernere il bene dal male, acquisire criteri di giudizio e obiettivi forti attorno ai quali giocare al meglio la propria esistenza”.

I vescovi riaffermano, in primo luogo, “la dignità e il valore della persona umana, la tutela e il rispetto che si devono ad ogni persona, soprattutto se in situazioni di fragilità, nonché la necessità di continuare a combattere strenuamente ogni forma di discriminazione o, addirittura, di violenza”, invitano a riconoscere la “ricchezza insostituibile della differenza” (iniziando da quella fondamentale, tra “maschile” e “femminile”) e “la specificità assoluta della famiglia” come “unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio”, senza sottovalutare “il grave pericolo che deriva dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi e veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona che non conducono al vero bene né dei singoli né della società”. E lo fanno richiamandosi più volte alle parole di Papa Francesco – la metà delle citazioni presenti sono tratte dal suo magistero – ma anche a testi “laici” come la Costituzione italiana, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

I Vescovi – riprendendo quanto espresso, anche di recente, dalla Santa Sede al Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo – ribadiscono che non è accettabile “un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarietà dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico”. E aggiungono: “Invitiamo a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”.

La Nota sostiene e incoraggia “l’impegno e lo sforzo di quanti affrontano ogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva “laicità”, le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione”. E ricorda che “la proposta cristiana punta al bene integrale dell’uomo e contribuisce in modo decisivo al bene comune e alla promessa di un buon futuro per tutti. E pur in un contesto di diffusa secolarizzazione, come ricorda Papa Francesco, nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni e della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”.

La diffusione della Nota nella Giornata per la Vita vuole, inoltre, evidenziare che alla Chiesa sta a cuore “la vita delle persone in tutti i suoi aspetti. Una vita che è dono di Dio ed è cosa preziosa, ma è minacciata e resa fragile da molte cause”. Il testo dei vescovi – richiamando espressamente le tante persone, famiglie e situazioni in difficoltà oggi esistenti, anche e soprattutto a causa della crisi economica – manifesta, infine, la volontà della Chiesa triveneta di “continuare, insieme a tutte le persone di buona volontà, a sostenere la vita umana in ogni momento e in ogni circostanza, ribadendone l’inviolabile dignità ed offrendo concreti aiuti a chi vive fragilità e sofferenze”. Compreso, naturalmente, il delicatissimo e decisivo “fronte” educativo e antropologico.

 

 

 

 

“Il compito educativo è una missione chiave”

Nota dei vescovi del Triveneto su alcune urgenti questioni di carattere antropologico e educativo (testo integrale)

 

Noi Vescovi del Triveneto siamo quotidianamente raggiunti – soprattutto nell’incontro con persone, famiglie, parrocchie e realtà associative – da notizie e questioni preoccupanti che riguardano la vita delle persone in tutti i suoi aspetti. Una vita che – ne siamo consapevoli – è dono di Dio ed è cosa preziosa, ma è minacciata e resa fragile da molte cause.

In occasione della 36ª Giornata per la Vita desideriamo ribadire, in comunione con la Chiesa italiana, la nostra preoccupazione per tante situazioni che contrastano la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale. Tale preoccupazione diventa per la Chiesa impegno a continuare, insieme a tutte le persone di buona volontà, a sostenere la vita umana in ogni momento e in ogni circostanza, ribadendone l’inviolabile dignità ed offrendo concreti aiuti a chi vive fragilità e sofferenze.

Il perdurare della crisi economica ci spinge ad essere vicini a chi ha perso il lavoro, alle famiglie che non arrivano a fine mese, ai giovani che non riescono a inserirsi nel mondo produttivo. Vogliamo continuare con le nostre Chiese – in particolare attraverso le Caritas – l’opera di ascolto, aiuto, sostegno alle situazioni di difficoltà e invitiamo tutti coloro che possono offrire occasioni concrete di lavoro a un di più di generosità e di inventiva.

Consapevoli del venir meno di molte tutele sociali, incoraggiamo e ci impegniamo a sostenere chi opera a favore dei molteplici disagi delle persone e delle famiglie. E ribadiamo in questa giornata l’appello a “generare futuro”, sostenendo concretamente quel desiderio dei giovani sposi di generare figli che spesso “resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita” 1.

Esprimiamo vicinanza a chi soffre per le condizioni – spesso non rispettose della dignità umana – di carcerato, profugo o straniero e invitiamo chi ne ha la responsabilità ad assumere i necessari interventi legislativi e amministrativi, assicurando contemporaneamente l’impegno della comunità cristiana verso queste sorelle e questi fratelli.

Senza trascurare tali aspetti di difesa e promozione della vita, sentiamo oggi in particolare il dovere di soffermarci più diffusamente su alcune questioni educative che riguardano aspetti fondamentali e delicatissimi dell’essere umano, con numerose e preoccupanti ricadute in ambito culturale, formativo, educativo e, quindi, politico della nostra società (triveneta, italiana, europea) e che toccano e coinvolgono in modo diretto la vita delle persone, delle famiglie e della scuola.

Ci sentiamo così in sintonia con il decennio che la Chiesa italiana sta dedicando al tema dell’educazione e in piena consonanza con quanto papa Francesco ha di recente espresso con forza, mettendo in rilievo come la situazione attuale ponga dinanzi sfide sempre nuove e più difficili: “Il compito educativo è una missione chiave!”2 .

A questo riguardo, ci riferiamo al dibattito sugli “stereotipi di genere” e sul possibile inserimento dell’ideologia del gender nei programmi educativi e formativi delle scuole e nella formazione degli insegnanti, ad alcuni aspetti problematici presenti nell’affrontare in chiave legislativa la lotta all’omofobia, a taluni non solo discutibili ma fuorvianti orientamenti sull’educazione sessuale ai bambini anche in tenera età, alle richieste di accantonare gli stessi termini “padre” e “madre” in luogo di altri considerati meno “discriminanti” e, infine, al grave stravolgimento – potenziale e talora, purtroppo, già in atto – del valore e del concetto stesso di famiglia naturale fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Questa inedita situazione richiede a noi Vescovi, prima di tutto, e alle comunità ecclesiali di non venir meno ad un compito e ad una testimonianza di carità e verità che rappresentano il primo e concreto modo per servire e promuovere l’uomo e la vita buona nella nostra società. Ci sentiamo, in tal senso, sollecitati da Papa Francesco, il quale ci ha appena ricordato che “i Pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi nell’ambito del privato…” 3.

Di fronte a quella che si configura come una vera “emergenza educativa”, noi Vescovi avvertiamo la responsabilità e il dovere di richiamare tutti alla delicatezza e all’importanza di una corretta formazione delle nuove generazioni – a partire da una visione dell’uomo che sia integrale e solidale – affinché possano orientarsi nella vita, discernere il bene dal male, acquisire criteri di giudizio e obiettivi forti attorno ai quali giocare al meglio la propria esistenza e perseguire la gioia e la felicità del compimento4 .

Riaffermiamo, come prima cosa, la dignità e il valore della persona umana e poi la tutela e il rispetto che si devono ad ogni persona, soprattutto se in situazioni di fragilità, nonché la necessità di continuare a combattere strenuamente ogni forma di discriminazione (di carattere religioso, etnico, sessuale) o, addirittura, di violenza.

Sottolineiamo, altresì, il grave pericolo che deriva, per la nostra civiltà, dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi e veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona che non conducono al vero bene né dei singoli né della società.

Riconosciamo la “ricchezza insostituibile della differenza”5 – specialmente quella fondamentale, tra “maschile” e “femminile” – e la specificità assoluta della famiglia come “unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore (…), dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne e sono capaci di generare una nuova vita”6 ; essa è, davvero, la “cellula fondamentale della società, luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri”7.

Su tale linea indichiamo anche due testi che, essendo espressione di una sana laicità, possono ben alimentare un sereno e positivo dibattito pubblico su questi temi: l’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e l’art. 29 della Costituzione repubblicana8.

Siamo, infatti, consapevoli che la differenza dei sessi è elemento portante di ogni essere umano ed espressione chiara del suo essere in “relazione”; senza la comune salvaguardia delle “grandi differenze” vi è un grave e concreto rischio per la realizzazione di un autentico e pieno sviluppo della vita delle persone e della società9.

Ribadiamo perciò – come espresso autorevolmente, anche di recente, dalla Santa Sede di fronte al Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo – il rifiuto di un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarietà dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico10.

Invitiamo quindi a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Difendiamo e promuoviamo il carattere decisivo – oggi più che mai – della libertà di educazione dei figli che spetta, di diritto, al padre e alla madre aiutati, di volta in volta, da soggetti o istituzioni chiamati a coadiuvarli11 . E rigettiamo ogni tentativo ideologico che porterebbe ad omologare tutto e tutti in una sorta di deviante e mortificante “pensiero unico”, sempre più spesso veicolato da iniziative delle pubbliche istituzioni.

Sosteniamo e incoraggiamo l’impegno e lo sforzo di quanti, a vari livelli e su più ambiti, affrontano ogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva “laicità”, tutte le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione.

La proposta cristiana punta al bene integrale dell’uomo e contribuisce in modo decisivo al bene comune e alla promessa di un buon futuro per tutti. E pur in un contesto di diffusa secolarizzazione, che insinua la tendenza a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo, come ricorda Papa Francesco “nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni e della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”12 .

Al termine di questa Nota, proponiamo ancora un passo dell’Evangelii gaudium che spiega bene il senso della nostra riflessione e nel quale noi Vescovi ci ritroviamo in pieno perché tocca anche le delicate e importanti questioni antropologiche, culturali, formative ed educative qui menzionate e sottoposte sempre più all’attenzione e all’approfondimento di tutti, noi per primi: “Amiamo questo magnifico pianeta e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità (…). Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore… il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo” 13.

Condividendo con fiducia queste nostre riflessioni e indicazioni, in un momento grave per il bene delle persone e della società, assicuriamo la nostra preghiera.

2 febbraio 2014,

Festa della Presentazione del Signore

e 36ª Giornata nazionale per la Vita

I vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto

 

1.Cfr. Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei per la 36ª Giornata nazionale per la Vita (2 febbraio 2014) sul tema “Generare futuro”.

2. Il riferimento è all’incontro di Papa Francesco avvenuto il 29 novembre 2013 con i Superiori Generali degli Istituti maschili di vita religiosa, il cui resoconto è stata appena pubblicato su “La Civiltà Cattolica” (2014) | 3-17).

3. Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 182.

4. Cfr. Benedetto XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.

5. Cfr. Card. Angelo Bagnasco, Prolusione su “L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali” alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, Torino 13 settembre 2013.

6. Papa Francesco, Lettera enciclica Lumen fidei, n. 52.

7. Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 66.

8. L’art. 16 (terzo comma) della Dichiarazione recita: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”. E l’art. 29 (primo comma) della Costituzione italiana afferma: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

9. Cfr. Card. Angelo Bagnasco, Prolusione su “L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali” alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, Torino 13 settembre 2013.

10. Cfr. L’Osservatore Romano del 17 gennaio 2014 – v. articolo “Dignità da tutelare” sull’incontro a Ginevra della Delegazione della Santa Sede, guidata dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, con il Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo.

11. Su libertà e diritto d’istruzione si esprime, tra l’altro, anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (all’articolo 14), proclamata una prima volta nel dicembre 2000 a Nizza e poi una seconda volta, con alcune modifiche, nel dicembre 2007 a Strasburgo.

12. Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 183.

13. Ibidem, n. 183.

 

 

Sul «gender»: nascita di un’ideologia

 

1. Una questione difficile. È sempre più frequente sentir parlare di “gender” e di “gender theory” in molti ambiti, anche diversi: politica, scuola, mezzi di comunicazione. Tuttavia resta una parola strana, non tanto perché di origine inglese, e non solo perché una esatta traduzione è oggettivamente difficile (l’italiano “genere” e “teoria del genere” rischia di condurre fuori strada), ma soprattutto perché è assai difficile darne una definizione univoca. Intuitivamente comprendiamo che parlando di gender si ha a che fare con l’essere uomo/maschio, l’essere donna/femmina e con la sessualità, ma delineare con chiarezza il contenuto essenziale della teoria è tutt’altra cosa. Può essere utile richiamarne in estrema sintesi l’evoluzione.

2. Una storia complessa. Secondo gli studiosi la teoria del gender si sviluppa a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, passando attraverso diverse discipline scientifiche e movimenti culturali che via via la modellano. L’origine è in seno alla psico-sessuologia e alla psicanalisi (J. Money, R. Stoller). Lo studio di “casi problematici” molto particolari (ermafroditi, transessuali, intersessuali) porta ad affermare che le persone raggiungono la loro identificazione come individui non solo in base ciò che è proprio della biologia e dell’anatomia (sex, sesso) ma anche in base alla propria percezione di sé come maschio o femmina (gender identity) e al ruolo che ciascuno assume rispetto agli stereotipi maschili o femminili (gender role). Viene così contestato il “determinismo biologico” secondo il quale unicamente dal sex (biologia) discende l’identità della persona.

In un secondo momento la sociologia amplia la riflessione e rileva la decisiva incidenza degli agenti sociali che, in modo diretto o indiretto, incoraggiano lo sviluppo di tratti e comportamenti: sono la famiglia, i mezzi di comunicazione, le aspettative sociali che, interagendo più o meno positivamente, con la base biologica (sex) costruiscono l’identità maschile/femminile (gender) delle persone. Emergono ora con maggiore chiarezza due ulteriori elementi. Da una parte si sottolinea il ruolo determinante degli stereotipi sociali, individuabili nelle caratteristiche fisiche (attive nell’uomo, passive nella donna), nei tratti psicologici (aggressivi e competitivi negli uomini, subordinati e cooperativi nelle donne), nei comportamenti (gli uomini orientati alla giustizia, le donne alla cura). Dall’altra – e ciò sarà decisivo – si osservano con attenzione le relazioni di potere tra i ruoli di genere: la distinzione tra gender maschile e femminile è solamente culturale ed è questa che ha prodotto uno sbilanciamento a favore del primo e a svantaggio del secondo.

Su questo orizzonte si inserisce il movimento femminista. Nella sua versione liberale, socialista e radicale, esso porta alle estreme conseguenze la scissione tra sex e gender: la subordinazione femminile si è originata dall’aver considerato il sex (biologia) come origine del gender (identità). Da qui la rivendicazione: dimostrare l’irrilevanza del sex per il gender (non è importante come “siamo”, ma ciò che “diveniamo” a prescindere dalla nascita); solo così sarà possibile liberare la donna dall’emarginazione e farle conquistare una posizione di parità.

Decisivo è comunque lo slittamento del dibattito su un ulteriore piano, del resto sempre presente fin dall’inizio: le istanze dei movimenti LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali), appoggiati da potentissime lobby internazionali. È qui che la parabola giunge al suo massimo effetto: il sex (biologico) non conta nulla; l’idea di maschile e femminile sono soltanto costruzioni culturali senza alcun fondamento e bisogna liberarsene; ogni uomo nasce per così dire “neutro” rispetto a quell’identità (gender) che lui e solo lui sceglierà (mai definitivamente) per sé: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, intersessuale. Tale affermazione, che in realtà va contro ogni evidenza empirica e logica, ha assunto i connotati di un vero e proprio progetto politico che, in nome del rispetto di tutti, sta stravolgendo le legislazioni di molti paesi: matrimonio omosessuale, diritto all’adozione da persone dello stesso sesso, uso ambiguo del concetto di omofobia, sostituzione di “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2”, educazione alla teoria del gender fin dalle più tenere età…

 

3. Una grande confusione. Tutto questo – che andrebbe ovviamente precisato considerando anche altri aspetti – già delinea alcune coordinate di fondo:

–      nella questione del gender confluiscono, si sovrappongono e si mescolano ambiti molto diversi, e tutti contribuiscono a rendere il discorso più fumoso, sfuggente e ambiguo: è questa la forza di un pensiero la cui fallacia sarebbe altrimenti troppo facilmente smascherabile;

–      la teoria del gender è una vera e propria ideologia, ossia una forzatura della realtà a partire da un insieme di idee (scientifiche, o presunte tali) tenute assieme da un obiettivo da raggiungere: negare la differenza sessuale;

–      nella mai sopita opposizione tra natura e cultura, si prende sempre più posizione – in via ormai inappellabile – per la seconda: nell’uomo nulla è dato, nemmeno il suo corpo; egli è il progetto di se stesso. È il preteso trionfo della libertà assoluta, anche sulla propria identità.

La magmatica teoria del gender si sostiene su una confusione voluta e appositamente creata: si confonde la pari dignità con la perfetta uguaglianza in nome della quale si contesta la differenza sessuale, in vista di una libertà assoluta. Si scardina così dalle radici il tessuto dell’umanità e della società.

Il tutto a favore di piccolissimi gruppi di persone, la cui voce è, ahimè, assordante.

 

Venezia, 26 gennaio 2014                                                                           Don Corrado Cannizzaro

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 5 del 2 febbraio 2014