SPECIALE SANDRO SCARPA

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SPECIALE SANDRO SCARPA

Sandro Scarpa. A vent’anni dalla morte dell’educatore

Una Memoria fertile

Tracce del suo passaggio

Un giovane educatore

Sandro: una memoria viva

Una lieta amicizia

Un sogno non interrotto

 

 

 

 

 

Una Memoria fertile

Incrocio ogni giorno il volto sorridente di Sandro. Una grande foto lo raffigura lieto e troppo magro – perché già segnato dalla malattia – nell’atto di portarsi sulle spalle un ragazzino altrettanto sorridente. La foto è posta all’ingresso del Centro Parrocchiale, che a sua volta è segnalato da una grande targa in legno come Centro “Sandro Scarpa”. Tante persone lo ricordano, tanti amici in questi ultimi mesi si sono messi in movimento riprendendo le sue canzoni, ricordando i suoi gesti, e ne raccontano il cuore generoso, la preghiera intensa e vivace, l’amicizia scoppiettante, la dedizione ilare ai ragazzi. Sandro studiava, cantava, suonava, pregava, incontrava, partecipava. Gite, feste, ritiri, messe e animazioni. Sandro rimane una semente che fiorisce, un lievito nella pasta della vita.

I suoi amici si sentono provocati dalla sua memoria. Sanno che la sua “splendida giovinezza” non è finita. Non finisce quando ci facciamo raggiungere dalla Presenza viva che illuminava Sandro, dal Gesù che lui pregava. Quando partecipiamo alla vita della Chiesa che lui amava. Ricordiamo Sandro non in una labile “operazione nostalgia”, ma in una memoria fertile che ci commuove e ci muove. (don Angelo)

 

 

Tracce del suo passaggio

Restano i ricordi, le immagini, sensazioni, suoni e colori. E a volte non solo quelli. La preghiera di Sandro all’Eremo delle Carceri, a fine agosto 1992, nelle ultime ore prima di rientrare a Chioggia, dopo un camposcuola parrocchiale che prendeva dentro quindicenni e giovani adulti. Parole che travalicano quel momento. E si fanno spiritualità, traccia del volto di Dio di Gesù Cristo, l’Eterno oltre quel momento preciso.

La tracce di questo passaggio ce le ha messe lui stesso, il Sandro. I nomi di tutti quelli che avevano vissuto quella settimana e il pensiero degli altri che non c’erano e avevano dovuto non esserci si mescolano e intersecano con i frati incontrati quella settimana e i primi compagni di Francesco e Chiara. Il riferimento alla sua situazione di salute, circondato e preso dentro una serie di nomi di Dio, che attingono alla Parola ma soprattutto la evocano senza ripeterla, lasciandola come ispirazione profonda ma non evanescente. Come non risentire gli echi di Gesù che va verso la croce là dove Sandro scrive di una “strada che molte volte è difficile, perché tu, o Dio, sei anche difficoltà, paura, solitudine”? Così come, risentiamo lo scatto di Gesù dentro la fedeltà di Dio, là dove aggiunge, subito: “Ma tu sei anche risoluzione, coraggio, fedeltà, Amore”.

Non solo. Spiritualità significa avere le radici nella fede condivisa con tutto un popolo, ma diventare capaci di ridirla con le proprie personali parole. A ciascun credente, questo. Le espressioni inedite del testo di Sandro alle Carceri, allora, più che da copiare pari pari, diventano invito a riappropriarsi di uno stile: dire Dio, attraverso la propria vita, le proprie sensibilità, il proprio modo di pensare e sentire. Alcune delle espressioni di Sandro, a distanza di tempo, restano di una bellezza inaudita, paragonabili senza dubbio a immagini di grandi autori spirituali, moderni e anche no: “Tu sei soddisfazione; tu sei inattesa; Tu sei uno che fa sempre tutto per primo”; e ancora “Tu sei schiettezza; Tu sei impegno, coerenza”; hanno il dono di intrigare invitandoci a cercare, dentro il volutamente vago di espressioni come “Tu sei ‘esporsi’”; o di un giochino di parole, micidiale e profondo, quale: “Tu sei ingombrante ma principale”.

La condivisione di una storia, oltre le distanze che la vita porta con sé, resta segnata da quel che abbiamo vissuto. E dentro la vita di ognuno dei tanti amici di Sandro, permane un’eredità preziosa, di cui paradossalmente proprio la distanza di tempo permette di prendere sempre più coscienza. I ricordi, le risate, le diverse esperienze, per noi che le abbiamo condivise. Ma per tutti, anche per chi è venuto dopo – penso prima di tutto, a Chiara e Gabriele, suoi nipoti – le parole di Assisi, risuonano come riconoscente affermazione di fede e come impegno di responsabilità nel cammino di ciascuno. E si chiudono affermando: “Tu, o Dio, sei me; che per gli altri io sia sempre e solo Tu”. Si chiudono; ma forse, in realtà, per ciascuno, come la canzone che chiuderà il video del 2013, sono segnali di ‘una strada che si apre’. (don Antonio Chiereghin)

 

 

Un giovane educatore

Faccio fatica a convincermi che già sono passati 20 anni dalla scomparsa di Sandro: è un tempo ragguardevole se ci penso, ma al contempo mi sembra ieri, perché di fatto il ricordo non è svanito. Sandro, infatti, ritorna spesso alla memoria quando parlo con qualcuno con cui, a cavallo degli anni ’90, si è condiviso un tratto di strada associativa. Ad affiorare non è solo la triste vicenda umana, che allora ci aveva profondamente colpito, ma è piuttosto l’interesse per la sua personalità, che emerge e risalta proprio nel ruolo di responsabile Acr ricoperto prima e durante la malattia.

È proprio questo che vorrei tentare di raccontare: la figura di un educatore che diventa testimone anche per quei giovani – molti dei quali ai tempi sicuramente non ancora nati – che oggi scelgono di aiutare i ragazzi ad essere protagonisti del loro cammino di fede. Innanzitutto vorrei dire che Sandro non era certo uno “sfigato” che aveva trovato rifugio e ruolo nell’ambito ecclesiale e in particolare nell’Azione Cattolica, ma era un emergente, nel senso più positivo del termine, una persona che con naturalezza spendeva i talenti che aveva ricevuto: frequentava l’università, viveva una relazione affettiva, godeva della vita e dei suoi sani piaceri. Sapeva, però, che tutto questo trovava un senso se governato all’interno di una spiritualità profonda, che andava coltivata con costanza e dedizione. Credo fermamente che l’aver voluto ritagliare dal proprio tempo e nelle personali risorse spazi ed energie da dedicare ai più piccoli attraverso l’Acr, ne sia stato il frutto. Lo ricordo lavorare con l’équipe alla preparazione delle varie iniziative e attività dell’anno associativo, dalla Festa del Ciao alla Marcia della Pace, dal Congressino ai Campi estivi, sempre con un grande entusiasmo contagioso e nel contempo con la naturalezza riservata a ciò che si dà per scontato debba essere fatto. Questo è il messaggio che Sandro con la sua breve esistenza ci ha lasciato: il servizio vissuto nella normalità delle cose della vita, che nel fare non esclude la leggerezza del divertirsi, perché si è consapevoli che la gioia e la soddisfazione personale sono conseguenze di quell’amore verso gli altri generato da un Altro che è Amore. Un brano dei Gen, che Sandro spesso intonava accompagnandosi con la chitarra e che nel periodo della sua sofferenza si era caricato di maggiore significato, è ancora oggi per me la “canzone di Sandro”: “Vivere la vita con le gioie e i dolori di ogni giorno, è quello che Dio vuole da te. Vivere la vita e inabissarti nell’amore è il tuo destino, è quello che Dio vuole da te.”   (Luisella Siviero, presidente diocesana di ACI)

 

 

Sandro: una memoria viva

Sono passati vent’anni da quel 9 novembre 1993, quando Sandro ci ha lasciati per andare alla casa del Padre. Vent’anni in cui non sono mancati i momenti di difficoltà che spesso la vita ci riserva, ma con la speranza e la fiducia che nulla accade per caso. L’esperienza vissuta con Sandro ci ha spronato a vivere con lo sguardo rivolto verso l’alto, nella consapevolezza che al momento opportuno, secondo logiche che non sono le nostre, il Signore sa venirci incontro e ci conduce passo dopo passo verso il posto che ha preparato per noi. Il ricordo e l’affetto per Sandro non si sono mai affievoliti, anzi, vorrei dire che sono cresciuti giorno dopo giorno. Anche solo grazie alla foto che, nel “suo” Centro Parrocchiale, da tempo ti accoglie sorridente ogni volta che hai voglia di incrociare il suo sguardo. Un ricordo che non si ferma al rimpianto e alla tristezza di non essere più insieme, ma che ci fa tornare alla mente i momenti belli e forti vissuti con lui. Già da alcuni mesi, dopo varie sollecitazioni da parte di tanti amici, abbiamo iniziato a preparare un momento di ricordo, non solo con la nostra famiglia, ma anche insieme a tutta la “famiglia parrocchiale” della Cattedrale. Tanti degli amici che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e, con una gradita sorpresa, anche persone che ne avevano solo sentito parlare, si son messi a preparare, in vista della messa del 9 novembre, i canti che rievocano la nostra storia e la prolungano fino al presente; abbiamo risistemato anche il filmato che, a un anno dalla sua morte, avevamo proposto alla comunità e alla diocesi in suo ricordo, con le testimonianze di amici, ragazzi e adulti della parrocchia e dell’Azione Cattolica, per far sì che la sua vita potesse spingerci a vivere nella maniera più piena; il filmato viene riproposto al termine della Messa insieme con alcune altre testimonianze. Tutti accomunati dall’affetto e dall’amicizia, guardando insieme verso il Padre. Inoltre, abbiamo voluto riprendere in maniera più profonda la preghiera che Sandro aveva scritto durante il camposcuola parrocchiale ad Assisi nell’estate del ’92, nella quale riconosceva la presenza del Signore in ognuna delle persone che gli era stata messa accanto e che lo faceva avvicinare di più a Lui. Questa preghiera vorremmo fosse il suo testamento spirituale, per farci scoprire quanto la vicinanza e l’amore nel Padre siano state, durante tutta la sua vita… e oltre, il fondamento dell’essere figlio di Dio. Allora diventa ancora più reale la sua preghiera: “Tu sei me: che per gli altri io sia sempre e solo Te”. (Alberto Scarpa)

 

 

 

Una lieta amicizia

Stavo cercando di ricordare l’istante in cui ho conosciuto Sandro e non focalizzo il momento esatto in cui ci siamo presentati. Sono passati tanti anni e devo dire che questa è la sensazione che di solito provo quando stringo una bella amicizia: è come se ci si conoscesse da sempre! Ricordo bene invece la sua insistenza, anzi direi la sua cocciutaggine e costanza, nel propormi di diventare responsabile diocesana dell’Acr insieme a lui. Come spesso succedeva, Sandro riusciva a rendere semplici e chiare situazioni che a me potevano sembrare complicate o difficili da accettare. E quando meno te l’aspettavi, le alleggeriva con qualche battuta, che tirava fuori come una magia. Mi piaceva che non si accontentasse, ma cercasse di ricavare il meglio da ciò che avevamo. Ho condiviso la sua precisione e serietà nello svolgere il nostro servizio alla Diocesi di Chioggia attraverso l’Acr. E allo stesso tempo ho riso a crepapelle, perché Sandro è un amico dalle battute pungenti ed esilaranti. Un’altra sua passione era la musica e insieme ad altre persone facevamo parte del complesso di Ac, nato per aiutarci a vivere i vari momenti comunitari, dalle celebrazioni alle feste diocesane, per far sì che ogni momento fosse pensato e curato con attenzione e con il giusto spirito, spingendoci a dare sempre il meglio di noi stessi, in ogni occasione. (Mariella Marangon)

 

 

Un sogno non interrotto

Ricordare Sandro a 20 anni dalla sua scomparsa significa ripercorrere un mare di ricordi vividi, di emozioni, di attività condivise in Acr e in parrocchia, significa ripercorrere gli anni della mia adolescenza e di un periodo di grazia in cui io, Sandro ed altri amici, siamo cresciuti insieme. A quegli anni credo di dovere gran parte di quello che sono e forse per questo il ricordo di quel tempo non è così lontano, Sandro non è così lontano. La sua morte credo rappresenti per molti di noi un confine marcato tra un prima e un dopo, con Sandro se ne è andata la spensieratezza con cui a quell’età si guarda alle cose e al futuro, l’incoscienza del sentirsi invincibili e immuni al dolore e alla sofferenza. La sua malattia ci ha costretto a fare i conti con una realtà diversa da quella che ciascuno di noi si sarebbe immaginato per quell’età. È in questa realtà che quel che poteva essere l’inizio di un disperato percorso, si è trasformato invece in un’occasione unica di crescita, dove la sofferenza e la fatica ci hanno costretto a cambiare il modo di vedere e di vivere le circostanze, un periodo in cui Sandro per primo con serenità e capacità quasi soprannaturali, ci ha indicato la via. È in quel periodo che ho maturato l’idea che se da una parte non hai possibilità di sceglierti cosa la vita ti metterà di fronte, dall’altra certamente puoi scegliere il modo in cui viverlo. Credo questo sia l’insegnamento più bello che Sandro ci ha lasciato. Non mollare mai, continuare a fare le cose in cui credi, con lo stesso entusiasmo e piacere fino alla fine, conciliandole sempre con gli affetti, le circostanze e gli impedimenti a cui la malattia lo costringeva. Sarebbe tuttavia un errore ricordare Sandro e scindere l’esperienza umana da quella di fede, una fede semplice, vissuta nella quotidianità, nell’abbandono e nella fiducia, semplice appunto ma estremamente efficace. Una fede vissuta insieme a sacerdoti che ci sono stati vicino e che hanno condiviso le nostre ansie, le nostre difficoltà, che hanno saputo sostenere e al contempo stupirsi di quanto accadeva e si condivideva. Avevamo poco più di vent’anni al tempo, un gruppo di amici come tanti, con Sandro abbiamo vissuto un’amicizia straordinaria e con lui abbiamo avuto l’opportunità di intuire che “Oltre la notte, oltre l’invisibile c’è un abisso di energia, l’infinito che ci fa volare (…) quella forza che ci fa restare. Stare adesso qui”, non sono solo le parole di una canzone ma un’esperienza reale vissuta con sobrietà, lontani da misticismi e celesti visioni. Ciao, Sandro. (Andrea Taffurelli)

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 42 del 10 novembre 2013