I Santi e i Defunti

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Le origini e le tradizioni nel territorio

I Santi e i Defunti

Venerdì 1° novembre ricorre la solennità di Tutti i Santi, ossia di tutti coloro che sono alla presenza della visione beatifica di Dio. Tale solennità viene dalla Chiesa Orientale e fu accolta a Roma quando il Papa Bonifacio IV il 13 maggio del 609 trasformò il Pantheon, dedicato a tutti gli dei dell’antico Olimpo, in una chiesa in onore della Vergine dei Martiri e di tutti i Santi; lo spostamento della festa, dal 13 maggio al 1° novembre, avvenne, invece, nel 1475 sotto il pontificato di Sisto IV. Nella nostra diocesi intitolata a “Ognissanti” figura la bella chiesa arcipretale di Pellestrina.

 

Sabato 2 novembre la comunità ecclesiale, invece, ricorda i Fedeli Defunti. La commemorazione dei defunti è dovuta all’iniziativa dell’abate di Cluny, sant’Odilone, nel 998, anche se, in altre località già si celebrava la festa di Tutti i Santi e il giorno successivo era dedicato alla memoria di Tutti i Fedeli Defunti. Ma il fatto che un migliaio di monasteri benedettini dipendessero da Cluny, sicuramente, ha favorito l’ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell’Europa settentrionale.

Nel territorio di Chioggia il culto dei Morti è sempre stato sentito dalla popolazione e anche ai giorni nostri grande è la frequenza alle sante Messe nel giorno di mercoledì, per il popolo “el mèrcore de le aneme”.

Nella sera e nottata del 1° novembre, vigilia della Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti, nessuna barca da pesca osava avventurarsi in mare, forte la credenza che si sarebbero viste galleggiare nell’acqua miriadi di fiammelle, tante quante i pescatori scomparsi tra i flutti. La sera precedente la solennità di tutti i Santi, il 31 ottobre, invece, le donne di Chioggia non lavoravano di cucito. C’era la convinzione che l’uso dell’ago – dalla forte simbologia scaramantica – avrebbe impedito agli “angioletti” – i bambini morti di pochi mesi se non di pochi giorni – di partecipare alla processione dei Santi in Paradiso. Annotiamo, ancora, che il cimitero di Chioggia venne benedetto dal vescovo mons. Peruzzi nel 1816; in tal luogo, nel Trecento, esisteva un monastero camaldolese con annessa chiesa dedicata a San Giovanni il Battista, titolo che tuttora permane non solo al cimitero, ma anche alla chiesa parrocchiale e al quartiere.

Ricordiamo che sempre nella ricorrenza dei Fedeli Defunti nelle abitazioni si assaporava il dolce de “le favéte da mòrto”, un dolce preparato con zucchero, uova e pasta di mandorle, che veniva confezionato nel tipo veneziano e triestino, mentre alla servitù venivano regalati fagioli e fave essiccate. A Sottomarina, invece, le famiglie ortolane distribuivano i “fromentóni”, granoturco lessato, ai bambini ed ai poveri. Sempre per “i mòrti”, le famiglie benestanti regalavano ai maestri dei loro figli un sacchetto di zucchero, una bottiglia di vino novello, una zuppiera contenente i “sùgoli” – marmellata di succo d’uva nera, con farina, cannella e cioccolato – oltre all’immancabile “suca baruca”, una zucca di Chioggia. “Baruca” deriva dall’ebraico “Baruch”, ovvero “Benedetta”. Con tale inusuale termine si designa in tutto il Veneto e non solo, la grossa, ottima zucca a pasta gialla che si coltiva, da secoli, negli orti di Chioggia. Il termine “baruca”, dato alla zucca di Chioggia, è stato coniato proprio dagli ebrei residenti a Venezia, che ne hanno fatto sempre grande uso, trovandola insuperabile proprio per le grandi qualità, definendola, appunto, “baruca”, ovvero “benedetta”. (Giorgio Aldrighetti)

Nella foto: la chiesa arcipretale di Ognissanti in Pellestrina.

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 40 del 27 ottobre 2013