169 le persone passate per il Centro

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Centro di Ascolto Caritas di Sottomarina. Incontro di bilancio dopo un anno e mezzo

169 le persone passate per il Centro

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A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Questo stralcio della lettera di San Giacomo ha fatto da filo conduttore all’agape dei 60 volontari del Centro di Ascolto Caritas di Sottomarina (CdA) che con le proprie famiglie hanno incontrato il vescovo Adriano, il vicario diocesano don Francesco Zenna e tutti i sacerdoti della vicaria di Sottomarina alle opere parrocchiali della Navicella venerdì sera 13 settembre. “È stata l’occasione ideale e cordiale per guardarci in faccia e raccontarci il lavoro svolto fino a questo momento, dopo un anno e mezzo della nostra nascita”, racconta Lucio Voltolina, il coordinatore del centro. E i numeri parlano chiaro. 169 sono le persone passate per il centro, molte delle quali sono tuttora assistite. La maggior parte vive problemi di lavoro perché disoccupate, in cassa integrazione o

con un lavoro precario. Questo causa difficoltà economiche, incapacità di pagare, dalle bollette al mutuo all’affitto di casa. E non mancano problemi familiari, quali conflittualità di coppia e con parenti, maltrattamenti, abbandono del partner. Non si fanno attendere neppure le dipendenze quali alcool, droga, gioco d’azzardo o il disagio mentale, senza dimenticare chi ha conti aperti con la giustizia ed è ad esempio agli arresti domiciliari. Davanti a tutte queste difficoltà, le “opere” – come direbbe san Giacomo – di cui i volontari oggi dispongono sono il fondo di solidarietà (un deposito per creare posti di lavoro per chi è in difficoltà), ma soprattutto la consapevolezza che bisogna imparare a fare rete, cioè capire e conoscere tutte le realtà economiche e sociali del territorio (associazioni di categoria, di volontariato, servizi sociali, sanitari, Caritas parrocchiali, ecc.) con cui relazionarsi per coinvolgerle e trovare insieme la soluzione ai problemi dei “nostri fratelli” più poveri. Alcuni passi sono già stati fatti. Il CdA sta collaborando in modo proficuo con i consultori diocesano e pubblico, con il Sert (per le dipendenze), il Csm (per il disagio mentale) e l’Uepe (uffici per l’esecuzione penale esterna), la polizia e il cappellano del carcere. “Solo un esempio”, dice Manuel, un volontario. “Alcuni ragazzi con difficoltà stanno frequentando il centro d’ascolto e sono impegnati in lavoretti manuali e il loro entusiasmo è palpabile”. “Crediamo davvero nell’autonomia della persona”, dice don Marino Callegari, direttore Caritas. “Siamo convinti che chi è in difficoltà necessiti di essere accompagnato, sostenuto, ma anche stimolato ed educato ad affrancarsi dalla povertà. L’assistenzialismo ha sempre creato dipendenza, mai libertà”. Dello stesso avviso è il vescovo Adriano che sottolinea l’importanza di sorreggere chi è nel bisogno, specialmente chi è nell’emergenza, incoraggiandolo a credere in se stesso e in una vita dignitosa, senza più precarietà. “L’autonomia dei nostri fratelli più poveri passa però attraverso gesti concreti che tutti noi cristiani siamo chiamati a attuare.” – conclude il vescovo – “Altrimenti la nostra fede a cosa serve?”.                 (Sara Laurenti)

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 36 del 29 settembre 2013