“Un cuore che ama è un cuore che educa”

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Mostra sulla pedagogia di don Bosco e la storia dell’oratorio salesiano di Chioggia

“Un cuore che ama è un cuore che educa”

Si è svolta nei giorni scorsi, come da lunga tradizione, la Festa Popolare di Maria Ausiliatrice a ricordo della festa mariana del 24 maggio tanto cara a don Bosco e a tutti i salesiani e amici delle opere salesiane. Tra i tanti eventi proposti nei due fine settimana, ha avuto un buon apprezzamento la mostra organizzata per presentare la pedagogia salesiana dal titolo “Un cuore che ama è un cuore che educa” a significare non solo l’importanza dell’azione educativa oggi (sulla scia dell’impegno della Chiesa Italiana in questo decennio), ma di come l’amore e l’accoglienza siano i tratti evidenti dell’agire pedagogico di don Bosco, con una educazione ferma e precisa, non certo accondiscendente e giustificante.

 

La mostra, organizzata grazie ai fondi del Progetto Nazionale TGS delle “Passeggiate di don Bosco” e del Ministero delle Politiche Giovanili, si muoveva attorno a 4 parole chiave che rappresentano il concretizzarsi del modello pedagogico di don Bosco (la pedagogia, infatti, è stato il tema centrale di questo secondo anno di preparazione al Bicentenario della nascita del santo; il prossimo anno il tema sarà la spiritualità salesiana).

Le quattro parole chiave erano:

1. “Casa che accoglie”: la scelta di don Bosco di rivolgersi ai ragazzi più poveri e bisognosi a partire dal suo primo apostolato, ai più sconosciuto, nelle carceri della Torino ottocentesca, in espansione economica ma disattenta socialmente alla moltitudine di ragazzi che arrivavano dalle valli in cerca di lavoro. Questo fare casa si concretizzava nell’accogliergli, nel dar loro un tetto e del cibo e soprattutto un futuro attraverso lo studio o un lavoro tutelato (don Bosco firma in assoluto il primo contratto di apprendistato in Italia).

2. “Scuola che educa alla vita”: ovvero l’importanza di formare i ragazzi, di renderli capaci di fare scelte importanti e di condividerle con i propri coetanei: ecco che nascono le varie forme di associazionismo (ai tempi di don Bosco si chiamavano Compagnie) e di formazione e impegno esplicitamente evangelico. In questo modo i ragazzi sperimentavano poco per volta un stile educativo improntato all’allegria (più come atteggiamento interiore e spirituale che semplice emozione) ma anche alla fedeltà ai propri doveri di studio e di pietà.

3. “Parrocchia che evangelizza”,           la priorità cioè data all’azione evangelizzatrice, far conoscere e far vivere il Vangelo anche nell’età giovanile (nel Giovane Provveduto, don Bosco ricorda che uno dei tranelli del diavolo è quello di far credere che la vita spirituale sia pesante e che porti infelicità) attraverso i due pilastri fondamentali, tanto cari al santo: Comunione (e quindi confessione) frequente e forte devozione mariana, in particolare all’Immacolata e all’Ausiliatrice, la Madonna dei tempi difficili.

4. “Cortile per incontrarsi da amici”,   il luogo concreto nel quale sperimentare la vicinanza degli educatori ai ragazzi (per essere più maestri in cortile che solo in un’aula) nelle varie iniziative estive e lungo l’anno, le feste, le celebrazioni, anche il semplice incontrarsi in uno spazio per giocare e stare assieme. La sintesi carismatica per i salesiani era “stare” con i ragazzi, conoscerli, ascoltarli, accompagnarli.

Accanto ai numerosi testi originari proposti, i pannelli espositivi presentavano diverse foto della storia salesiana di Chioggia cominciata nel 1899 e che ha accompagnato molteplici generazioni di giovani e le loro famiglie, facendo conoscere e amare don Bosco anche in questa città.

Questa iniziativa espositiva, verrà ripetuta in seguito, con il coinvolgimento delle scuole del territorio proprio sul tema dell’educazione, nella seconda parte dell’anno, quando la mostra verrà riproposta nell’ambito delle celebrazioni in occasione dell’arrivo dell’urna delle reliquie di don Bosco il 23 e il 24 novembre prossimi in Diocesi di Chioggia (venerdì a Porto Viro e sabato in cattedrale) dopo un lungo pellegrinaggio in giro per il mondo, con migliaia di persone a pregare sul corpo del santo educatore, a testimonianza che il suo Metodo Preventivo (Ragione-Religione-Amorevolezza) non passa di certo di moda, ma si dimostra ancora valido in un contesto come quello contemporaneo che ha smarrito il senso del compito educativo a più livelli e che deve trovare in un cuore che ama, la spinta a prendersi cura degli altri. (don Paolo de Cillia sdb)

 

 

dal numero 23 del 9 giugno 2013