Gli strumenti musicali nella liturgia

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FINESTRA SULLA LITURGIA

Gli strumenti musicali nella liturgia

Abbiamo concluso l’articolo della scorsa settimana con l’annotazione che la strada da percorrere è ancora lunga sotto l’aspetto della formazione liturgico-musicale, da parte dei ministri ordinati e non solo, e si può affermare che tutto quanto abbia a che fare con l’argomento rappresenti l’anello debole di quanto ci si può attendere dallo spirito conciliare e da tutti i documenti magisteriali che prima e dopo vi siano in qualche maniera correlati. Un appunto si può fare anche riguardo all’utilizzo degli strumenti musicali in chiesa.

 

Afferma la Sacrosanctum Concilium al n. 120: “Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.[…]”. Ispirandosi a questo dettame, che identifica l’organo a canne come strumento principe della liturgia, il Sinodo Diocesano ne auspica la valorizzazione e la promozione anche da parte dei giovani (art. 218).

La diocesi di Chioggia ha la fortuna di vedere collocati, all’interno dei suoi edifici cultuali storici, molti veri e propri tesori di arte organaria. Strumenti usciti dalle botteghe dei più grandi e riconosciuti artigiani appartenenti alla scuola veneta (e non solo) dei secoli XVIII e XIX. Se molte volte, per un lavoro di sapiente e accurato restauro, questi monumenti sonori vengono restituiti all’uso delle comunità, altrettante volte non ne segue però la valorizzazione mediante l’utilizzo nelle celebrazioni liturgiche, ove sovente si ripiega su chitarre o strumenti elettrofoni anche in presenza di organi a canne perfettamente funzionanti.

Certamente, si dirà, l’organo a canne non è l’unico strumento ammesso nelle celebrazioni liturgiche. Vero. Quale, allora, il giusto metro di giudizio per permetterne l’uso di altri e quali, invece, dovrebbero essere categoricamente vietati nelle celebrazioni? Se in passato persino alcuni pontefici si scomodarono a compilare delle vere e proprie “liste di proscrizione” di cui oggi malvolentieri si accetterebbe l’imposizione, pur è vero che gli orientamenti che a tali liste portarono continuano a rimanere validi, e vengono via via ribaditi dai documenti magisteriali e rubricali a tutt’oggi in vigore. “Gli strumenti che secondo il giudizio e l’uso comune sono propri della musica profana, siano tenuti completamente al di fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi” recita l’istruzione Musicam Sacram all’art. 63. Dall’associazione emotivo-mnemonica evocata dall’uso di certi strumenti, seppure in contesti liturgici ed in eseguendi brani di musica sacra di per sé anche pertinenti, non si sfugge. Se paradossalmente suonassi anche una messa di Palestrina con l’accompagnamento di basso elettrico e percussioni, sottofondo di sintetizzatori e amplificazioni vocali, non solo snaturerei irrimediabilmente quella musica ma la renderei “profana”, non adatta all’ambiente sacro né, tanto meno, al servizio liturgico. Quando, allora, uno strumento musicale contribuisce invece alla “gloria di Dio e all’edificazione dei fedeli”? Risposta: quando conferma, con la sua natura, nel modo in cui lo si suona, con la musica che si esegue, il rito che si compie. Se ciò avviene, esso suggella il rito, non distoglie da esso.

Anche qui, il tema della formazione è cruciale. E qui entreremmo in una querelle che comprenderebbe, da una parte, come sia vero che la Chiesa non investa in figure professionalmente competenti in ambito musicale oramai da decenni, assuefacendosi a tal punto alla mediocrità del livello musicale e liturgico ammesso al culto divino da considerare accettabili o addirittura belle delle animazioni, il più delle volte, assolutamente incongrue rispetto al rito e mediocri sotto il profilo tecnico musicale e, dall’altra, la mancanza di umiltà da parte di molti giovani che, seppure lodevoli sotto l’aspetto dell’impegno e della dedizione ma assolutamente digiuni in ambito liturgico musicale, non si mettono affatto in discussione al fine di una corretta interpretazione del loro ruolo.         (Alberto Voltolina)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 16 del 21 aprile 2013