La ministerialità

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Finestra sulla Liturgia

La ministerialità

“La partecipazione del popolo di Dio all’azione liturgica esprime tutta la ricchezza con cui è chiamato a interpretare la sua missione di rendere presente Cristo nel contesto umano di questo nostro tempo. Lo Spirito Santo suscita infatti nei fedeli una varietà di doni e di carismi; essi vanno espressi per l’utilità comune al fine di edificare il Corpo di Cristo nel quale tutti veniamo impiegati come pietre vive.

Alcuni di questi carismi assurgono alla dignità di ministeri perché ritenuti indispensabili per la vita e la missione della Chiesa. Essi hanno innanzitutto una rilevanza liturgica, in quanto è proprio in questo ambito che si compongono in unità e ricevono la grazia divina per il loro efficace esercizio” (n. 210). Con queste parole il Sinodo diocesano introduce il capitolo sulla ministerialità della Chiesa, inteso a chiarire il significato di alcuni servizi liturgici e la modalità del loro esercizio.

 

Innanzitutto il lettore che “si configura per il servizio che è chiamato a svolgere in ordine alla proclamazione della Parola di Dio. Dev’essere innanzitutto persona matura, preparata adeguatamente a far risuonare in maniera chiara il testo sacro per l’assemblea riunita, in modo da veicolarne l’efficacia salvifica” (n. 211). Sono parole che sottolineano la grandezza del compito e la gravità con cui va svolto. Tant’è vero che il testo continua richiamando l’importanza di una adeguata formazione, sostenuta anche dagli organismi diocesani, la stabilità del compito da parte di persone specifiche, ben motivate e che si prendono l’impegno di una preparazione immediata.

Poi l’accolito che “si configura per il servizio che svolge all’altare come centro attorno al quale la comunità radunata vive la sua esperienza di incontro con il Signore” (n. 214). Anche se di fatto questo compito di aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento del loro ufficio viene svolto da fanciulli (piccoli accoliti o chierichetti), il Sinodo auspica che “si cammini verso l’individuazione di qualche persona adulta che, possedendo le doti necessarie, si prepari anche a ricevere il ministero, offrendo così un servizio più ampio e più qualificato” (n. 215). Questo servizio prevede la “distribuzione della comunione ai fedeli, anche malati, evidenziando così che l’ambito della sua azione abbraccia l’intero Corpo di Cristo, presente soprattutto nei deboli e negli infermi” (n. 216). Attualmente “questa funzione è affidata ai ministri straordinari della comunione”, per cui è importante che “alla loro individuazione e alla loro formazione” vada data molta cura pastorale; “il parroco in particolare deve orientarli, sostenerli, promuoverne l’accoglienza nella comunità e operare accanto a loro per svolgere la sua insostituibile funzione sacramentale” (n. 217).

Questo ambito ministeriale viene riconosciuto anche come terreno fertile per la nascita di vocazioni all’ordine sacro, del presbiterato, ma anche del diaconato permanente. A questo riguardo il Sinodo emana una norma ben precisa: “È fondamentale che i pastori e i fedeli approfondiscano la conoscenza del diaconato permanente attraverso opportune catechesi. Si dovrà giungere all’impostazione di un cammino formativo a livello diocesano, cui introdurre laici disponibili, per offrire alla nostra Chiesa locale questa ritrovata figura che incarna la missione di Cristo servo, e per promuovere un esercizio qualificato dei diversi ministeri” (n. 222). Il cammino formativo è tutt’ora in atto e sta dando i suoi frutti proprio in questo anno pastorale con l’istituzione di lettori e accoliti e l’ordinazione di tre diaconi permanenti, prevista per il 26 dicembre prossimo, festa del primo martire e diacono santo Stefano. (don Francesco Zenna)

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 14 del 7 aprile 2013