Fede ed esperienza

Facebooktwitterpinterestmail

Il “Dies academicus” alla Facoltà Teologica del Triveneto di Padova

Fede ed esperienza

È stato inaugurato nel solco dell’“anno della fede” l’ottavo anno di vita della Facoltà teologica del Triveneto. Martedì 26 febbraio 2013, nell’aula magna della sede centrale di Padova, la comunità accademica, con le autorità religiose e civili del territorio (presente anche il vescovo di Chioggia, ndr), si è riunita per celebrare il dies academicus e ascoltare la prolusione di mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sul tema “La fede come fondamento dell’esperienza cristiana”. Un evento particolarmente significativo, a poche ore dal termine del pontificato di Benedetto XVI, come ha sottolineato nel suo saluto il vescovo di Padova, mons. Antonio Mattiazzo, vice gran cancelliere della Facoltà, rivolgendo al papa «un devoto ossequio e fervido augurio nel momento che sta

vivendo». Gli ha fatto eco il preside della Facoltà, prof. Roberto Tommasi: «Vorrei invitare a volgere il pensiero a Benedetto XVI nel mo­mento in cui con una de­cisione importante, piena di umiltà e di amore per la chiesa si ap­presta a concludere il ministero petrino. A nome di tutta la Facoltà esprimo il più vivo ringraziamento per tutto l’amore e il lavoro con cui papa Bene­detto ha operato affinché quella fede che ci sta tanto a cuore, quella fede nel Dio di Gesù Cristo che tiene uniti gli uomini e li salva, sia creduta, si mantenga viva e rimanga integra nella sua identi­tà. Siamo convinti che il suo ministero e magistero resteranno solido e lu­minoso punto di riferi­mento per la chiesa, la società e tante persone in un momento in cui il mondo è soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede. E che continuerà a sti­molare l’in­segnamento e la ricer­ca teologici».

La mattinata è entrata nel vivo dei temi teologici con l’intervento del gran cancelliere, il patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia, che si è soffermato sullo stretto legame che intercorre fra teologia e fede. «La teologia non è un lusso per la chiesa – ha affermato – ma, piuttosto, un servizio necessario; la storia, poi, ci dice che la teologia non sostituisce il ministero apostolico e il ministero apostolico non sostituisce la teologia». Ha poi esortato a fare crescere l’alleanza tra magistero e teologia «a partire dalla specificità dell’uno e dell’altra, nel reciproco riconoscimento».

Mons. Gerard Ludwig Müller ha esordito citando l’incipit dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni quale esempio di una bellezza, efficacemente descritta, capace di muovere lo sguardo alla meraviglia: «Solo una grande positività – ha affermato – è in grado di attirare il nostro sguardo. Nulla infatti come la bellezza, il bene, la verità, l’amore, intravisti nella realtà, sono in grado di afferrare la nostra ragione e di lanciarla nell’avventura conoscitiva, coinvolgendo tutta la nostra persona». Queste considerazioni sono quindi state portate sul terreno della fede, evidenziata come «un fenomeno che nasce nell’uomo che si trova nel mondo e vive, e conosce, e ama, e cerca, e perde, e trova… La fede affiora e fiorisce, come evento che coinvolge sia ragione che affettività, dentro quell’avventurosa provocazione che è la realtà». La fede dunque si nutre della realtà e, grazie alla luce che viene dal fondamento della realtà, è mossa dalle cose che l’intelligenza conosce e percorre la realtà risalendone gradualmente i livelli, fino a quello ultimo; a differenza della ragione, che può percorrere buona parte di questo tragitto ma le sue sole forze non sono capaci di giungere fino ai livelli estremi e conclusivi. Mons. Muller ha poi richiamato la figura di Gesù come colui che dà inizio alla fede e la porta a compimento. «Nei Vangeli alcuni uomini, incontrando Gesù di Nazareth, familiarizzando con lui, in quell’uomo riconoscono a poco a poco – è dunque un avvenimento conoscitivo – che attraverso i suoi gesti, le sue parole, il suo volto si palesa loro ben altro. In quell’uomo riconoscono presente e vicino alla loro vita il Mistero che fa tutte le cose, colui che la tradizione religiosa dell’umanità chiama “Dio”». Nel riconoscimento di Dio, che in Gesù di Nazareth si fa uomo in mezzo agli uomini, e nell’adesione a lui, si trova dunque il cuore della fede cristiana. «In Gesù Cristo – ha proseguito – si rivela agli uomini il principio fondante di tutte le cose, la ragione primigenia e ordinatrice del cosmo, il mysterion. In quell’uomo, che ha donato la sua vita “sino alla fine” per amore degli uomini, si rivela la volontà salvifica universale di Dio verso tutti gli uomini e si palesa che all’origine di tutte le cose vi è un nesso profondo fra razionalità e amore: logos e agape». Chi riconosce e accoglie questa verità, chi vive nella fede, dunque, anche davanti alle gravi contraddizioni che agitano il cuore dell’uomo o che sommuovono la vita e il mondo, «può finalmente “sperare”, può guardare al presente e al futuro con fiducia. Perché la positività che si rivela in Gesù viene scoperta come il segno che esprime e comunica efficacemente la positività ultima da cui tutto proviene e verso cui tutto va, oltre ogni apparenza contraria». La fede è quindi luce che illumina di positività la vita degli uomini e del mondo intero. E poiché non vi è nulla che spinga ad amare come il sentirsi grati per un grande amore ricevuto, questo dono muove a sua volta l’uomo dalla gratitudine all’amore. Questo amore, prima ricevuto da Dio e poi donato, prende il nome di “carità”. Si tratta di un amore operoso e teso a condividere i bisogni del prossimo, un amore che tende a dilatare le dimensioni del cuore umano secondo le dimensioni del cuore di Dio». La vita vissuta nella fede è quindi strappata a un solipsismo individualista e si concretizza invece, spiega Muller, «nell’identità nuova di un “io” relazionato a un “noi”, il cui corpo consiste nella persona di Cristo risorto e di coloro che hanno accettato di appartenergli nel sacramento del battesimo: questa è la chiesa. Per tale motivo la fede cristiana, se vuole essere fedele a ciò che Dio stesso ha realizzato in Gesù Cristo, non può che essere fede “ecclesiale”. Questa – ha concluso – è la sua autentica natura».

Da segnalare, infine, che nella relazione sulla vita accademica il preside, prof. Roberto Tommasi, ha evidenziato il potenziale formativo piuttosto alto della Facoltà, con i suoi 2554 iscritti, di cui 2180 laici (446 seguono i corsi di teologia a Padova, nei tre gradi della laurea, specializzazione e dottorato; 1849 quelli di scienze religiose negli 11 istituti collegati in Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia; 259 frequentano i 5 Istituti teologici affiliati) e i 416 docenti. Punto di forza in questo momento – in cui non mancano sofferenze di tipo economico – è l’impegnativo lavoro sulla promozione della qualità della didattica e della ricerca, nell’ambito del “Processo di Bologna”, per portare la Facoltà all’accreditamento pubblico nello spazio europeo. Altro passaggio importante è l’adeguamento alle direttive della Congregazione per l’educazione cattolica per la riforma del piano di studi del ciclo istituzionale all’insegna dell’aumento dei crediti per le discipline filosofiche.

 

 

da NUOVA SCINTILLA 9 del 3 maezo 2013