La scuola cattolica c’è

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La scuola cattolica c’è

Conferenza Episcopale Triveneto. Si è svolta la terza conferenza sulla scuola libera paritaria e formazione professionale

Alla fine la domanda appare perfino retorica, scontata nella risposta. «La scuola cattolica è un bene per la comunità?», si sono chiesti i partecipanti alla terza conferenza sulla scuola libera, paritaria e formazione professionale, il 9 novembre a Padova. Un appuntamento voluto della Conferenza episcopale Triveneto (assieme a Fism, Fidae, Agesc, Cdo, Forma Veneto) per fare il punto su un impegno e un settore, quello appunto delle molte iniziative formative “private” presenti nel territorio locale, che sta vivendo un tempo di grande travaglio, in parte riconducibile alla penuria di risorse, ma in buona misura attribuibile anche a una carenza di piattaforme legislative e ad una “cultura” (diffusa?) che tende a negare la legittimità di tale impegno.

 

La scontatezza della risposta positiva al quesito di partenza in merito alla validità sociale e comunitaria della “scuola libera e paritaria” non è di certo attribuibile, nell’occasione, al fatto che i convenuti all’incontro erano tutti “di parte”, coinvolti direttamente e a vario titolo in tale realtà, ma in maniera più radicale ad alcuni dati precisi e incontrovertibili, che tra l’altro definiscono in maniera puntuale un contesto e un vissuto tutto veneto.

Nel nord est, tanto per porre subito qualche elemento di confronto, sono presenti quasi 1200 scuole paritarie dell’infanzia, che coinvolgono quasi centomila bambini, oltre il 66% dei piccoli che frequentano le tradizionali “materne”. Questo dunque l’incontrovertibile punto di partenza: una realtà forte, un punto di riferimento decisivo per l’impegno educativo delle comunità locali e per la vita delle famiglie. Eppure di fronte a tali cifre le risposte dei soggetti pubblici, dello Stato ma talora anche delle Regioni, appaiono ancora titubanti, incerte, precarie nelle indicazioni e nei sostegni.

«Le nostre scuole – spiega mons. Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia e incaricato per la conferenza episcopale del Triveneto a seguire tale ambito – svolgono un ruolo decisivo sul versante educativo. Noi non ci limitiamo a fornire informazioni, nozioni, elementi culturali: noi cerchiamo di educare il bambino, di farlo crescere in maniera integrale. Devono dirci chiaramente se questo impegno è ritenuto utile. Se il giudizio è affermativo e positivo bisogna trarre le dovute conclusioni e compiere i gesti necessari». Che sono, a detta degli operatori sostanzialmente due: il pieno riconoscimento della parità (peraltro sancita e garantita da una legge del 2000) e il sostegno. Anche economico, certo. Su questo versante le legittime lagnanze sono lunghe e ormai scontate: fondi sempre in calo, pagamenti in ritardo, una incertezza costante in merito alle disponibilità, che preclude alle scuole ogni possibilità di progettazione. Eppure è ormai assodato che le scuole paritarie fanno risparmiare allo stato un sacco di soldi, perché costano meno. Ma questo non basta. L’assessore Remo Sernagiotto, che per conto della regione dovrebbe occuparsi del problema, prendendo la parola al microfono della conferenza, pare quasi dispiaciuto dal fatto che nel Veneto la maggioranza delle scuole dell’infanzia siano cattoliche, dice che sarebbe meglio che i genitori potessero scegliere, ma qui “storicamente le cose son diverse”. Qui esiste un modello veneto basato sulla sussidiarietà, sull’impegno ormai remoto di tante comunità locali che si sono fatte la propria scuola. L’assessore è anche preoccupato che per ovvi motivi le “scuole paritarie per le famiglie siano più care di quelle statali” (più foraggiate) e che “molte famiglie oggi non ce la facciano a reggere i costi delle rette”. Ma lo stesso assessore non sa cosa fare, perché a livello statale non capiscono quello che sta accadendo da queste parti e il ministro preposto, Francesco Profumo, “neppure riceve” l’assessore veneto.

Così stanno le cose: la Regione che predica la buona volontà di tutti e assicura che una soluzione si troverà, lo Stato che preferisce non badare troppo alla questione, le scuole che cercano in qualche modo di continuare a dare il proprio servizio. “Ci dichiarino esplicitamente se vogliono che continuiamo” dice mons. Tessarollo. Perché il Governo e la Regione non lo chiedono alle famiglie?

(Foto di Giorgio Boato)   (G. Frezza)

 

 

Domenica 25 novembre giornata di sensibilizzazione

“La scuola della comunità”

«I vescovi della Conferenza episcopale Triveneto, di fronte alla questione dell’emergenza educativa e della scuola cattolica e con particolare riferimento alla sempre più grave situazione economico finanziaria, ripropongo quest’anno – nella giornata di domenica 25 novembre 2012 – l’iniziativa “La scuola della comunità”. La Giornata diventa un’occasione propizia anche per continuare la riflessione sull’educazione avviata con gli Orientamenti pastorali della Conferenza episcopale italiana per questo decennio, offerti alle comunità cristiane, perché restino interpellate dall’educazione della persona».

Quindi «accogliendo il pressante appello della famiglie e delle scuole, la Conferenza episcopale Triveneto, continuando a seguire con particolare preoccupazione la situazione:

– chiede, ancora una volta, che tutte le istituzioni interessate ai vari livelli politici – nazionale, regionale e comunale – non privino la scuola paritaria del necessario sostegno;

– rilancia la Lettera ai politici e ai parlamentari del 2 agosto 2011, a firma di mons. Adriano Tessarollo, a nome dei vescovi;

– promuove la Giornata della scuola della comunità, fissata per domenica 25 novembre;

– invita le parrocchie a dare risalto e importanza al ruolo educativo, pedagogico e pastorale delle scuole cattoliche, evidenziando chiaramente che la comunità cristiana è interpellata dall’educazione della persona;

– rilancia le tematiche emerse nella Terza conferenza sulla scuola (che si è tenuta il 9 novembre a Padova), affinché, coinvolgendo le forze politiche, sociali, istituzionali, economiche ed ecclesiali, si passi concretamente a individuare scelte politicamente condivise per giungere alla piena parità;

– invita a continuare il dialogo tra le regioni e gli enti locali, con i politici e i parlamentari locali perché si impegnino concretamente a risolvere questa situazione sempre più drammatica».

Questa iniziativa, tale presa di posizione nasce dalla constatazione dei vescovi che «resta, purtroppo, ancora molto grave, e per certi aspetti drammatica, la situazione economico-finanziaria a seguito anche alla difficoltà, sempre più forte, di usufruire delle legittime – pur limitate – forma di sostegno economico di cui le scuole hanno assolutamente bisogno per continuare a svolgere la loro funzione educativa. Il problema resta gravissimo, in particolare, per le scuole dell’infanzia paritarie che – nel solo Veneto – accolgono quasi centomila bambini, interessando il 75% dell’intera popolazione scolastica regionale del settore. Il prezioso servizio educativo da esse svolto, costituisce oltre tutto una fonte di risparmio per lo Stato, la Regione e gli enti locali. La chiusura di queste scuole – scelta dolorosa ma inevitabile se permane l’attuale situazione di sospensione o non conferma dei contributi dovuti – comporterebbe un ben più pesante aggravio alle finanze pubbliche».

«La scuola cattolica – concludono i vescovi – è consapevole di essere parte integrante del sistema di istruzione e di formazione del nostro paese, riconosciuta dalla legge 62/2000, e di svolgere un servizio pubblico, aperto a tutti, contribuendo con la scuola statale a realizzare pienamente l’autonomia e di rispondere efficacemente all’emergenza educativa attuale. Da una parte essa rispetta la laicità della scuola e dall’altra offre una sua identità di valori nel quadro di un progetto educativo che promuove la persona nella sua integralità aperto ai valori trascendentali e radicato nei valori cristiani che caratterizzano la storia del nostro paese. Resta ancora molto alta la domanda di istruzione e di formazione che le famiglie le rivolgono nell’esercizio del loro diritto civile di scelta educativa senza dover sostenere oneri aggiuntivi».

 

 

 

da NUOVA SCINTILLA 43 del 18 novembre 2012