L’identità del presbitero

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PRETI GIOVANI IN FORMAZIONE

L’identità del presbitero

Ripensare la nostra vita e il nostro ministero presbiterale dentro le coordinate ecclesiali del Vaticano II e in particolare della Presbyterorum Ordinis: è il cammino formativo che ci siamo dati come preti ordinati nell’ultimo decennio. Così, oltre alle proposte formative che condividiamo con tutto il presbiterio diocesano, ci ricaviamo – mese dopo mese – un momento più specifico e particolare di approfondimento sui documenti che il Concilio ci ha lasciato.

Con l’introduzione di don Alberto Ferro abbiamo ‘sostato’ sul capitolo primo del documento sui presbiteri. In questo capitolo si coglie subito quella che è l’identità del presbitero diocesano a servizio di una Chiesa locale. Identità che è peculiare e che si manifesta nei gesti sacramentali della presidenza eucaristica e nel perdono nel sacramento della Riconciliazione. Cosa significa per un prete giovane vivere il suo sacerdozio dentro un tempo nel quale ci si ritrova spesso con le

chiese semivuote e con le confessioni che denotano una povertà di coscienza cristiana matura? Cosa significa essere preti negli anni nei quali normalmente viene chiesto un particolare impegno con i giovani, vedere lo stesso mondo giovanile allontanarsi dall’ambiente ecclesiale? Sono venute sistematicamente a mancare le sicurezze all’interno delle quali fino ad una ventina di anni fa veniva inserito in una parrocchia il giovane presbitero coadiutore. C’è – in questo senso – una vera rivoluzione ecclesiale da portare dentro le nostre comunità sullo stile di corresponsabilità indicato dal Concilio e dal programma pastorale del vescovo Adriano. Passaggio non facile in questo tempo complesso ma entusiasmante che bisogna affrontare a viso scoperto; in questo senso anche nel clero più giovane si assiste (non solo nella nostra realtà diocesana!) ad un certa fatica. La fatica dell’aggiornamento che non vuol dire solo ‘mettersi sui libri’ ma interpretare i segnali che questo mondo – giovanile e non – sta lanciando.

Essere preti oggi: una vera sfida che merita d’essere accolta. Essere prete dentro questa Chiesa locale, con confratelli che abbiamo incontrato nelle nostre strade e attività pastorali e che a pensarci bene non ci siamo scelti… con tutta la fatica spirituale di accettarci così come siamo, con i nostri pregi e i nostri limiti. D’altra parte, come potrebbe essere pensata oggi un’attenzione pastorale ‘vocazionale’ se non con la visibilità di una vita presbiterale vissuta serenamente in una parrocchia, nelle normali attività che un sacerdote svolge in una comunità, come la vicinanza alle persone, la visita agli ammalati, l’impegno nella catechesi, nella preparazione seria dell’omelia domenicale, nelle proposte formative che vedono noi per primi in un cammino di formazione permanente?

Su queste direzioni c’è ancora bisogno di crescere, di sentirsi solidali l’uno con l’altro. Con grande verità abbiamo anche sviscerato alcune criticità che ci sembravano essere emerse nelle nostre personali relazioni all’interno del giovane clero. Non è facile lavorare insieme; ancor meno facile è stimarsi vicendevolmente. Riconoscere questo limite è il modo migliore per superarlo. (Mc)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 42 dell’11 novembre 2012