La musica nella liturgia: strumenti e canti

Facebooktwitterpinterestmail

La musica nella liturgia: strumenti e canti

“La messa e il canto da pregare per la celebrazione”: è questo il titolo di un articolo a firma di p. Pietro Bettelli, apparso su “Nuova Scintilla” la domenica 18 marzo. È bello e molto utile e opportuno leggere di quando in quando articoli come il succitato, che parlano di liturgia, canto, celebrazioni eucaristiche. È un tema sempre attuale, anzi di estrema necessità e, direi, scottante per qualcuno. Per niente l’indimenticabile Santo Papa Giovanni XXIII, all’inizio del Concilio Vaticano II da Lui promulgato, ha disposto che i Padri conciliari avessero ad affrontare come

primario l’argomento della Liturgia, uscendone poi la sublime Costituzione Sacrosanctum Concilium di cui in questo tempo ricorrono i 50 anni dalla promulgazione. È pertanto necessario e doveroso riprendere in mano questo documento straordinario ed efficace per un vero e profondo rinnovamento della Liturgia. Documento, senza dubbio, donatoci dallo Spirito Santo, che è l’anima della Chiesa: doveroso, quindi, leggerlo e meditarlo da parte dei sacerdoti e dei laici, sopratutto da parte degli organisti, chitarristi, direttori di coro e di assemblea, compositori di musica liturgica, e poi farne le dovute applicazioni.

Nel citato documento, tra l’altro, si dice che l’Assemblea ha sempre il primo posto nella celebrazione e che dovrebbe partecipare in modo “consapevole, attivo e fruttuoso”. Ma perché si avveri questo, che rende forte la fede e generosa la carità, necessita l’istruzione… Da parte di chi? Quando si dice “Assemblea” si comprendono tutti i partecipanti all’azione liturgica (fanciulli, ragazzi, giovani, adulti). L’assemblea parteciperà ancor meglio se aiutata da un “coro”, piccolo o grande non importa, ma ben preparato, che non si canti addosso e che rispetti l’assemblea, soprattutto negli interventi propri dell’assemblea stessa come il “Signore pietà”, il “Gloria”, il ritornello del salmo responsoriale, l’“Alleluia”, il “Santo”, l’“Agnello di Dio”. Se in questi testi si eseguono melodie sincopate, l’assemblea fatica a imparare e ancor più a eseguire, e allora non le resta che rimanere muta, magari senza capire il testo che viene cantato. Nulla vieta che queste “parti fisse” della Messa siano eseguite in alternanza fra coro e assemblea, sarebbe di molto effetto. Ancora: insegnare canti con la chitarra può creare qualche difficoltà, in quanto questo strumento va avanti con accordi, non può far sentire tutte le note, che spesso possono avere tempo diverso, per esempio la nota col punto, alcune crome insieme e talora qualche semicroma. E allora? C’è anche un altro strumento e il Concilio Vaticano II così ne parla: “Nella chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della Chiesa ed elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti”.

I Sommi Pontefici spesso hanno sottolineato la bellezza dell’organo a canne, con un organista musicalmente e soprattutto spiritualmente preparato. Oggi si ha l’impressione che questo regale strumento sia caduto in disuso o comunque messo in disparte nelle chiese.

Sembra che esista solo la chitarra, che magari può essere accompagnata da un piccolo organo, sempre facendo attenzione che i suoni degli strumenti non abbiano a sopraffare le voci creando nella celebrazione un’atmosfera tutt’altro che liturgica. Diversi altri strumenti sono pure menzionati nella Costituzione, in Musicam Sacram e nel Chirografo del sommo pontefice Giovanni Paolo II per il centenario del Motu proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra.

Ancora, secondo il Vaticano II, i canti per la liturgia devono possibilmente riferirsi a testi sacri e la melodia deve avere un andamento che fa esaltare la parola; e, per di più, devono essere approvati dall’autorità ecclesiastica. Che dire poi dei canti così detti “antichi”? Ecco cosa afferma il Concilio: “La tradizione musicale di tutta la Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria e integrante della liturgia solenne”. Chiaro! (continua). (don Mario Romanato)

 

 

da NUOVA SCINTILLA 15 del 15 aprile 2012