La Santa Messa e il canto da preparare per la celebrazione

Facebooktwitterpinterestmail

Speciale INCONTRA – Pastorale giovanile

La Santa Messa e il canto da preparare per la celebrazione

Un esempio di programmazione pastorale, sempre valida anche per altri aspetti della vita delle nostre comunità

l responsabile di una Comunità Cristiana (parrocchia) ha un problema:leMessedomenicalinon sono adeguatamente sostenute da un’animazione del canto soddisfacente. Il repertorio dei canti conosciuto dalla maggior parte dei fedeli è molto antico e i canti nuovi, quelli più adatti alle celebrazioni con i bambini e le famiglie, non sono abbastanza conosciuti. Che fare? Tanto più che il responsabile delle Comunità Cristiana (parroco) sa bene che cantare è davvero pregare e che educare al canto significa educare alla preghiera la sua Comunità, soprattutto quella fascia di Comunità che rappresenta il futuro, cioè i bambini e le famiglie. La posta in gioco è decisamente importante: non si tratta solo di una questione “estetica” ma molto di più di una questione “pastorale”. Che fare dunque? Il nostro responsabile, da persona saggia (ce ne sono tanti di parroci molto più saggi di quello che si coglie dall’esterno) scarta alcune

ipotesi: 1. “Canto io e gli altri mi vengano dietro”; 2. “Installo un bell’impianto elettronico (modello musimatic), così almeno qualcuno che canta c’è sempre”; 3. “Scritturiamo la corale, così almeno a Natale, a Pasqua e alla festa del Patrono si sente cantarebene”.

La prima ipotesi ha un’efficacia limitata alla presenza, alla salute, alla bella voce e ai gusti musicali di chi canta. La seconda ipotesi è tecnicamente efficace, ma parte dal presupposto che l’assemblea sia composta da fedeli muti (poveretti…). La terza ipotesi è parzialmente efficace, ma sarà difficile convincere la corale a cantare canti ordinari e adatti ai bambini le poche volte che anima la Messa. Tutte e tre queste ipotesi hanno un grave difetto: nessuna è adatta all’obiettivo più importante, che è quello di educare al canto (alla preghiera) tutta l’assemblea. Il nostro saggio responsabile, quindi, le scarta in quanto soluzioni non efficaci e pensa ad altro. A cosa? Per prima cosa cerca di trasmettere la sua sensibilità agli altri responsabili della Comunità (consiglio pastorale, catechisti, collaboratori…). Poi con loro cerca la soluzione che più si avvicina all’obiettivo. In questo caso, la soluzione potrebbe essere quella di creare un piccolo gruppo di animazione liturgica, il quale, con  l’aiuto di qualcuno che suona la chitarra, impara un certo numero di canti ritenuti adatti ad animare l’assemblea, li insegna ai ragazzi del catechismo, è presente alle celebrazioni della Messa e pian piano li insegna all’assemblea.

l responsabile della Comunità, con il gruppo di animazione liturgica, veglia sul fatto che tutta l’operazione abbia uno stile comunitario: che i compiti e i ruoli siano disponibili ad un gruppo aperto (e non al solito gruppo chiuso) e che il repertorio dei canti sia sempre aperto a nuove acquisizioni. Probabilmente, una volta avviata questa dinamica virtuosa, nel giro di due o tre anni in quella Comunità Cristiana ci sarà un’atmosfera più gioiosa nelle celebrazioni liturgiche, perché i canti dell’assemblea saranno sorgente di partecipazione e di preghiera. In questo caso il responsabile della Comunità e i suoi collaboratori avranno realizzato non una magia ma una programmazione pastorale efficace.

La quale è, in sintesi:
1. individuazione e lettura di una situazione e di un problema della Comunità Cristiana in chiave pastorale (cantare alla Messa non è solo bello, ma è educazione alla partecipazione e alla preghiera);

2. condivisione tra responsabili e individuazione di un obiettivo pastorale (educare al canto tutta l’assemblea);
3. investire tempo, energie, risorse nelle persone (creare un gruppo di animazione liturgica con questa finalità);

La quale è, in sintesi:
1. individuazione e lettura di una situazione e di un problema della Comunità Cristiana in chiave pastorale (cantare alla Messa non è solo bello, ma è educazione alla partecipazione e alla preghiera);

4. sostenere concretamente l’iniziativa; 5. attendere che il seme gettato porti i suoi frutti.

Se proviamo ad applicare la regola ricavata dal caso concreto ad altre situazioni pastorali (pastorale degli adolescenti e dei giovani, pastorale dei fidanzati, pastorale delle famiglie …) probabilmente avremo sorprendenti frutti.

Non opera di magia, ma di programmazione pastorale.

p. Pietro Betelli

 

 

da NUOVA SCINTILLA 11 del 18 marzo 2012